martedì, settembre 13, 2005

La “Caverna” vs “Matrix”

Platone, nonostante le sue deludenti e amare esperienze in campo politico, scrisse un trattato chiamato “La repubblica” in cui descrisse la sua visione di città o di stato da un punto di vista, appunto, politico. In effetti qualcuno potrebbe commentare, quale rilevanza potrebbe avere il trattato politico di un tizio che ha avuto una esperienza amara e deludente in questo ambito; non vorrei soffermarmi su questo ma bensì sul celeberrimo mito che viene descritto in questo trattato che si chiama appunto “Il Mito della Caverna”. Qui viene descritto uno scenario inquietante quanto incredibile in cui degli uomini vengono legati gambe e collo in fondo ad una caverna sotterranea in modo che l’unica cosa che possono vedere è il fondo della stessa. All’imboccatura della caverna c’è un muro dietro il quale si nascondono delle persone che portano sulla testa delle statue e degli oggetti le cui ombre vengono proiettate sul fondo della caverna grazie ad un grosso fuoco posto all’aperto. Grazie a questo accrocchio gli uomini all’interno, che sono in quella situazione dalla loro nascita senza mai vedere la luce del sole ma solo le ombre proiettate sul fondo dalla caverna, finiranno per pensare che l’unica realtà delle cose è quella della caverna e delle ombre proiettate all’interno di essa (Descrizione del mito della caverna).
Ovviamente ogni elemento dell’accrocchio descritto ha un suo valore allegorico per ognuno dei quali potremmo soffermarci all’infinito per descriverne ogni sfaccettatura; il mio obiettivo, però, è quello di metterlo in relazione con Matrix. Infatti, gli uomini sul fondo della caverna vivono in una realtà, quella percepita dai loro sensi, distorta, che però loro pensano sia l’unica possibile esattamente come avviene a tutta la popolazione umana descritta nel film. In Matrix, infatti, l’accrocchio è stato costruito dalle macchine che, grazie ad una ricostruzione virtuale della realtà, fanno credere a tutti gli esseri umani di vivere in una realtà che loro credono essere l’unica possibile. Nel mito di Platone, al pari del film, si ipotizza quello che potrebbe accadere se ad un certo punto una delle persone incatenate in fondo alla grotta, con incredibili difficoltà, riuscisse a liberarsi ed uscire fuori dalla caverna. In un primo momento, la persona sarebbe completamente stranita da ciò che vedrebbe esattamente come è successo a Neo; non sarebbe addirittura in grado di poter reggere alla luce del sole e tanto meno all’idea di essere stato preso in giro a quel modo in cui ciò che pensava essere reale in realtà non lo era affatto. È chiaro che questo è solo la punta dell’iceberg ma già questo ci permette di porci per lo meno una domanda, secondo me, lecita: siamo proprio sicuri di non essere in fondo ad una caverna? Siamo sicuri che qualcuno, qualcosa o noi stessi addirittura non abbia inventato un qualche accrocchio che ci faccia vedere una realtà tutt’altro che vera? Penso di non sbagliare a pensare che domande del genere se le sia poste anche lo stesso Platone tanto che poi ha scritto il famoso mito. Ma dato che se le è poste lui che è diventato famoso per le sue seghe mentali, non vale la pena che lo facciamo anche noi?