martedì, novembre 15, 2005

Se fossimo noi il Dio Ingannatore?

Quando studiavo analisi matematica all'università alcune volte, quando si voleva dimostrare dei teoremi, si iniziava facendo delle ipotesi assurde e si finiva dimostrando che quelle ipotesi erano effettivamente impossibili. Il bello della filosofia è che si può iniziare nello stesso modo facendo delle ipotesi assurde ma alla fine si potrebbe anche arrivare a dimostrare che tutto sommato, per quanto impossibili possano essere le ipotesi, magari alla fine sono pure vere. Nel nostro caso poniamo come ipotesi assurda che ognuno di noi viva in una illusione e che quello che ci circonda sia in realtà il frutto di un nostro modo di vedere limitato e distorto delle cose. Per quanto possa essere assurda questa ipotesi tutto sommato però potrebbe esserci del vero, tanto che possiamo anche dimostrarne la veridicità per lo meno da due punti di vista: uno di tipo pratico/scientifico e l'altro di tipo psicologico/filosofico. Argomentazioni riguardanti dimostrazioni del primo tipo l'abbiamo già date quando dicevamo che la nostra visione della realtà viene fortemente limitata dalla limitazione dei nostri sensi come per esempio noi non possiamo vedere il calore, ed in generale l'energia termica, ma solo averne una idea grossolana di caldo e freddo data dal senso del tatto. La stessa cosa la possiamo dire dell'energia e dai campi elettromagnetici per i quali non possiamo avere neanche una idea grossolana a meno che non veniamo esposti per un lungo tempo a forti campi che finiscono per provocarci dei tumori. Potrei anche parlare di energie più sottili come quelle nucleari ma direi che ho già dato abbastanza elementi per avere una idea delle nostre limitazioni. A questo punto la domanda è: ma come ci apparirebbe la realtà o anche solo un'altra persona se noi non avessimo questi limiti e potessimo vedere o comunque averne la consapevolezza che possano esserci tutte queste altre cose da vedere? In fondo, se pensiamo anche solo al nostro sistema nervoso, quanti campi elettrici e magnetici potremmo trovare intorno ad un essere umano e quanta energia termica verrebbe dissipata nell'ambiente. Non sarà mica che tutte queste cose costituiscono la cosidetta aura che in molti dicono di poter vedere? Ci sono poi gli aspetti psicologici e filosofici che potrebbero contribuire a limitarci o ad alterare la visione che abbiamo della realtà. Potremmo infatti porci la seguente domanda: come ci apparirebbe la realtà se pensassimo di noi stessi di essere degli sfigati o dei super fichi? Secondo me la realtà finirebbe per plasmarsi sull'idea che noi abbiamo di noi stessi ossia se noi pensiamo di essere sfigati allora il numero di eventi spiacevoli tenderebbero ad aumentare mentre se pensassimo di essere dei super fichi non solo gli eventi negativi diminuirebbero ma anche si verificherebbero anche cose che farebbero esaltare il nostro status di super fico. E' proprio per quest'ultimo aspetto che penso sia corretto pensare che l'unico Dio Ingannatore esistente siamo in realtà noi stessi perchè è sufficiente avere anche solo una idea di noi per la quale ne siamo convinti (qualunque questa possa essere e a prescindere dagli aspetti scientifici) che la realtà che ci circonda reagirà di conseguenza mostrandoci quello che noi vogliamo vedere. Se tutto questo è vero allora siamo sempre noi che ci teniamo legati in fondo ad una caverna a guardare delle ombre che si proiettano sulle pareti.

sabato, novembre 12, 2005

Cartesio e il Dio Ingannatore

Non fu solo Platone ad avere dubbi sulla realtà che ci circonda. Anche Cartesio, ad un certo punto della sua vita incominciò sistematicamente a mettere in discussione non solo la realtà che lo circondava ma anche tutte le nozioni di cui era a conoscenza; per esempio mise in discussione anche che due più due fosse uguale a quattro. Addirittura arrivò a pensare che ci fosse un “Dio Ingannatore” che si prendeva gioco di tutti un po’ come colui che aveva creato quell’accrocchio descritto da Platone nel suo mito. Il motivo per cui Cartesio non finì per impazzire fu perché riuscì a trovare almeno un punto fermo ossia quando capì che per quanto dubitasse su tutto non poteva dubitare sul fatto che lui stesse dubitando. Questo gli permise di capire che per lo meno lui esisteva perché pensava e quindi finì per coniugare la famosa frase latina: cogito ergo sum. La domanda che mi viene spontaneo pormi è: possiamo noi trovare un modo, una qualsiasi cosa a cui appigliarci, che ci permette di dire che esistiamo in una realtà vera e non in una illusione? Secondo me esistono due possibili strade che possiamo percorrere: la prima è quella di fare dei parallelismi con quello che è la nostra vita con il mito della caverna di Platone per vedere se ci sono delle somiglianze; la seconda possibilità, sempre facendo riferimento al famoso mito filosofico, se riusciamo a trovare un modo per slegarci dalle catene che ci imbrigliano ed andare a vedere di persona come sia la realtà.